di Anna Alberti La competenza legislativa della Regione Sardegna

1.

Lo Statuto speciale sardo definisce le materie e l’ampiezza della competenza legislativa negli artt. 3, 4, 5 e 8, 43 e 45.
In base all’art. 3 alla Regione è attribuita una potestà legislativa cosiddetta “primaria”, la quale deve essere esercitata «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».

Nel rispetto di questi limiti, può dispiegarsi, in maniera esclusiva, in riferimento alle seguenti materie:

«a) ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale;
b) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni;
c) polizia locale urbana e rurale;
d) agricoltura e foreste, piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario;
e) lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione;
f) edilizia ed urbanistica;
g) trasporti su linee automobilistiche e tranviarie;
h) acque minerali e termali;
i) caccia e pesca;
l) esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche;
m) esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline;
n) usi civici;
o) artigianato;
p) turismo, industria alberghiera;
q) biblioteche e musei di enti locali».

L’art. 4, invece, attribuisce alla Regione sarda una potestà legislativa di tipo “concorrente”, la quale, oltre ai limiti già indicati dall’art. 3 (armonia con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica), incontra lo specifico e ulteriore vincolo del rispetto dei «principi stabiliti dalle leggi dello Stato».

Tale potestà insiste sui seguenti ambiti materiali:

«a) industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline;
b) istituzione ed ordinamento degli enti di credito fondiario ed agrario, delle casse di risparmio, delle casse rurali, dei monti frumentari e di pegno e delle altre aziende di credito di carattere regionale, relative autorizzazioni;
c) opere di grande e media bonifica e di trasformazione fondiaria;
d) espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico dello Stato;
e) produzione e distribuzione dell’energia elettrica;
f) linee marittime ed aeree di cabotaggio fra i porti e gli scali della Regione;
g) assunzione di pubblici servizi;
h) assistenza e beneficenza pubblica;
i) igiene e sanità pubblica;
l) disciplina annonaria;
m) pubblici spettacoli».

Secondo l’art. 5, la Regione è titolare anche di una potestà normativa di tipo “integrativo-attuativo” rispetto alla disciplina legislativa dettata dallo Stato, che insiste sulle seguenti materie:

«a) istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi;
b) lavoro, previdenza ed assistenza sociale;
c) antichità e belle arti;
d) nelle altre materie previste da leggi dello Stato».

Infine, secondo gli artt. 8, comma 1, lett. h), 43, comma 2, e 45 dello Statuto è attribuita la potestà legislativa anche in relazione: all’istituzione di imposte e tasse sul turismo e altri tributi propri, purché tale potestà sia esercitata «in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato»; alla modifica delle «circoscrizioni e [del]le funzioni delle province, in conformità alla volontà delle popolazioni di ciascuna delle province interessate espressa con referendum»; all’istituzione nel proprio territorio di nuovi comuni e per la modifica delle loro circoscrizioni e denominazioni.
Come la dottrina costituzionalistica aveva già evidenziato, però, si tratta di previsioni che, a ben vedere, mantengono una loro attualità esclusivamente in relazione ai “rafforzamenti procedimentali” che esse stabiliscono per l’iter di formazione della legge regionale che pretenda di conseguire gli effetti ivi contemplati, mentre, con riferimento all’attribuzione di competenza alla legge regionale, debbono considerarsi oggi sostanzialmente assorbite dal generale riconoscimento della potestà legislativa primaria in materia di «ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni» di cui all’art. 3, comma 1, lett. b) dello stesso Statuto, modificato e integrato sul punto dall’art. 4 della legge cost. n. 2 del 1993».

2.

Tuttavia, al fine di ricostruire le competenze legislative della Regione sarda non basta guardare soltanto allo Statuto, poiché occorre considerare anche le novità introdotte dalla legge di revisione costituzionale n. 3 del 2001, che – come è noto – ha riplasmato l’intero Titolo V della Costituzione.
Infatti, la riforma ha rimodellato gli ambiti di competenza del legislatore sardo, seppure in modo indiretto, e cioè per il tramite della cosiddetta “clausola di adeguamento automatico o di maggior favore” contenuta nell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Secondo questa disposizione, tutt’ora in vigore, «sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della … legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale e alla Province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».
Si può ben comprendere perché il significato di tale clausola sia stato per lungo tempo al centro di un vivace dibattito: addirittura c’è chi ha sostenuto che l’art. 10 contenesse un vero e proprio “rompicapo”. La ragione che ne giustificò l’adozione è facilmente intuibile e si compendia nella volontà di allineare le Regioni speciali ai traguardi di autonomia che la modifica del Titolo V assegna alle Regioni ordinarie, almeno sulla carta. Si volle, cioè, evitare un’altra “rincorsa” delle Regioni speciali nei confronti delle Regioni ordinarie, come quella che si ebbe durante il primo trasferimento di funzioni amministrative a favore delle Regioni ordinarie, le quali avevano ricevuto molte più funzioni di quante fossero state attribuite alle Regioni speciali sino ad allora.
Più problematica, invece, fu la ricostruzione degli effetti della clausola, specialmente con riguardo al corretto intendimento della formula «forme di autonomia più ampie» e, quindi, con riguardo alle modalità di confronto tra le discipline delle funzioni legislative contenute negli statuti speciali e nel riformato art. 117 Cost.
La clausola di maggior favore obbliga l’interprete a operazioni comparative tra due testi, quello statutario e quello costituzionale, al fine di scorgere quali dei due contenga una “maggiore autonomia” da applicare all’ente speciale. Queste operazioni di raffronto, però, si sono rilevate tutt’altro che semplici e, come ha ribadito di recente la dottrina costituzionalistica, dagli esiti spesso poco prevedibili. Gli unici approdi in materia sono quelli forniti dalla giurisprudenza costituzionale, in occasione dei giudizi di costituzionalità aventi ad oggetto proprio le leggi delle Regioni speciali. A complicare il quadro si pone anche un altro dato di carattere generale: i sistemi di riparto delle competenze legislative da comparare sono fortemente disomogenei. Nel sistema dello Statuto speciale sardo la potestà legislativa generale spetta allo Stato, mentre è affidata alla Regione nelle materie tassativamente indicate. All’opposto, nel testo costituzionale spetta in via residuale alle Regioni (ordinarie) tutto quello che non è ricompreso negli elenchi dei commi 2 e 3 dell’art. 117 Cost. Allo Stato, in via esclusiva, sono affidati gli ambiti indicati nel comma 2, nonché i principi fondamentali delle materie (c.d. “concorrenti”) individuate nel comma successivo.
A questa difficoltà se ne deve aggiungere un’altra ancora: il controllo operato dalla Corte costituzionale presuppone una comparazione tra grandezze c.d. “omogenee”, cioè tra istituti confrontabili e che siano previsti sia dagli Statuti sia dal riformato titolo V. Il ché non è sempre possibile. Spesso, infatti, non si può operare la comparazione, vuoi perché il titolo competenziale non è ricompreso nei due testi, vuoi perché non trova “un gemello” nell’altro testo costituzionale.
Ma a parte queste difficoltà, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha comunque raggiunto degli approdi “stabili”. Anzitutto le disposizioni del Titolo V possono applicarsi anche alle Regioni speciali soltanto se il vantaggio della maggior autonomia riguarda le Regioni e non anche gli enti territoriali minori.
Una volta stabilito quale sia il regime del “maggior favore”, esso va applicato senza disarticolazioni, ossia comprendendo anche il regime dei limiti previsti. Di conseguenza, qualora la disciplina statutaria dovesse risultare maggiormente favorevole per l’autonomia speciale, essa andrà applicata in toto. Questo implica che per le competenze provenienti dal Titolo V, sarà il sistema dei limiti ivi previsto a dover prevalere, e viceversa: se a prevalere sarà lo Statuto, allora varranno i limiti ivi previsti. È la regola che la dottrina costituzionalistica ha denominato del “doppio binario”, per effetto della quale nelle Regioni speciali convivrebbero due regimi diversi: quello speciale, in virtù delle competenze che la Regione eserciterà in base allo Statuto; e quello comune, nelle materie che corrispondono alle competenze che la Regione esercita in base all’art. 117 Cost.
Secondariamente, la Corte ha affermato che alcune materie esclusive dello Stato (quelle c.d. “trasversali”: tra le quali rientra la tutela ambientale) possono comunque integrare i limiti delle norme di riforma economico-sociale e dei principi generali dell’ordinamento giuridico richiamati dallo Statuto speciale in riferimento alle competenze primarie regionali. Lo stesso vale anche per i principi fondamentali di «coordinamento della finanza pubblica» posti dallo Stato ai sensi dell’art. 117, comma 3: anche questi sono vincolanti per la Regione sarda e determinano una compressione ulteriore delle competenze primarie.

3.

Posti questi approdi di carattere generale, la Corte afferma che nel confronto specifico delle competenze si applica lo Statuto speciale (sardo) se la materia rientra nella potestà legislativa primaria ed è annoverabile tra le concorrenti di cui all’art. 117, comma 3, Cost. Lo stesso vale nell’ipotesi in cui la materia non fosse riconducibile né all’ambito di potestà concorrente, né a quello residuale regionale (ai sensi del comma 4 dell’art. 117 Cost.).
Se invece la materia rientra nell’art. 117, comma 4, cioè nella potestà residuale, allora è da preferire il Titolo V della Costituzione.
Se tra gli ambiti materiali non vi è omogeneità, cioè se non è possibile procedere con l’operazione di comparazione, allora troverà applicazione sempre la disciplina statutaria.
Per spiegare meglio l’operazione condotta dalla Corte costituzionale, può essere utile ricordare qualche esempio.
Per quel che concerne l’ambito materiale «lavori pubblici di esclusivo interesse della regione», previsto all’art. 3, comma 1, lett. e) dello Statuto speciale, esso non troverebbe nel titolo V un titolo competenziale comparabile. Sicché, in tale ipotesi, troverebbe applicazione lo Statuto speciale e i limiti ivi previsti.
Tra i casi dubbi, invece, va ricordata la materia «igiene e sanità pubblica», rientrante nelle potestà concorrenti indicate nello Statuto e che la Corte ha ritenuto non prevalente – in applicazione della clausola di maggior favore – rispetto alla materia «tutela della salute» contenuto nell’art. 117, comma 3, Cost. Però, proprio in riferimento alla Regione sarda il giudice delle leggi ha fatto valere il titolo di matrice statutaria, anziché quello contenuto nel Titolo V.
Alla materia «assistenza e beneficienza pubblica», ricompresa nelle materie concorrenti (indicate nell’art. 4, comma 1, lett. h) St. speciale), si preferisce, secondo la Corte e in applicazione della clausola di maggior favore, la competenza residuale ai sensi dell’art. 117, comma 4, Cost. Lo stesso vale per la materia «energia» inclusa anch’essa tra le materie concorrenti (art. 4, comma 1 lett. e) St. speciale). Anche in questo caso trova applicazione il Titolo V della Costituzione, perché il titolo competenziale «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» è più ampio sia come ambito materiale, sia rispetto ai limiti applicabili a quella prevista nello Statuto speciale.
Da ultimo, possiamo ricordare la materia «istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi», che l’art. 5, comma 1 lett. a) dello Statuto sardo attribuisce alla potestà integrativa-attuativa. In questo, in virtù della clausola di maggior favore, si applica il Titolo V della Costituzione, poiché la materia rientra nell’ambito «istruzione» (materia inclusa tra quelle concorrenti), dove è delineato uno spazio maggiore di autonomia rispetto a quello previsto dallo Statuto sardo.