
di Michele Pinna
Dirigente presso il comune di Quartu S.Elena, dove ha fatto ritorno dopo un distacco decennale presso la RAS in qualità di direttore del servizio lingua sarda, Giuseppe Corongiu, originario di Laconi (ma come molti giovani sardi urbanizzatosi a Cagliari a seguito dei suoi studi universitari presso la Facoltà di lettere e Filosofia di quell’Ateneo) si presenta oggi al pubblico con un romanzo di circa 500 pagine dal titolo S’intelligèntzia de Elias per Janus Editore.
L'autore
Corongiu è noto al pubblico sardo per una serie di saggi di politica linguistica ma soprattutto per la sua militanza e per il suo impegno finalizzato alla promozione e alla valorizzazione della lingua sarda.
Nonché per una polemica aperta con l’Università di Sassari che si rifiutava di utilizzare il sardo come lingua veicolare nell’insegnamento, per quanto nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione avente come scopo l’uso sperimentale del sardo anche nell’insegnamento universitario.
Un progetto che Cagliari portò avanti con successo mentre Sassari preferì rinunciare al finanziamento piuttosto che aderire alla proposta regionale, che vedeva, l’allora dirigente regionale, Corongiu preposto dall’assessorato competente alla vigilanza e alla certificazione amministrativa del buon andamento dello stesso.
Dopo la pubblicazione di Metropolitania, una raccolta di racconti, con questo romanzo l’autore e il militante affidano al blogger Elias Dessanay l’intreccio una storia dove convergono intrighi politici, cadaveri eccellenti e il mai sopito sogno di una Sardegna sovrana, indipendente con una statualità che possa rappresentare degnamente la sua storia e la sua vocazione nazionale.

Sinossi de "S'intelligèntzia de Elias"
In questo lavoro, che mi piace definire un bildungsroman, un vero e proprio romanzo di formazione pensando idealmente alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel, convergono motivi autobiografici, motivi storico-culturali, sogni e progetti di uno spirito identitario che, attingendo dalle profonde radici di una Sardegna antica, paesana, familistica segnata dall’etica microcomunitaria di una civiltà tribale, si fa mondo con l’obiettivo di ricongiungere lo smarrimento e la rarefazione di quell’ ethos ad una nuova quanto utopica statualità.
In questo pellegrinaggio lo spirito si fa carico, nel bene e nel male, dei profondi mutamenti che la storia impone al vissuto degli uomini e dei popoli nelle concrezioni in cui essi vivono ed operano.
Nel romanzo di Corongiu c’è un netto rifiuto delle diverse folklorizzazioni cui la Sardegna è stata esposta sia dai cultori di “cose” locali sia dagli osservatori forestieri; descrizioni olografiche ad uso turistico ma soprattutto funzionali al dominio coloniale di cui storicamente l’Isola è stata vittima e che il più delle volte sono serviti a distogliere lo sguardo da una classe dirigente locale potente e corrotta, complice subalterna di poteri finanziari e teconlogici che operano fuori dall’Isola e che ne hanno fatto al centro del Mediterraneo una piattaforma di basi militari, di scorie, di degrado e di povertà.
La storia
Affidandosi ad un blogger, trasfigurazione attuale del vecchio filosofo con la sua nottola di Minerva che si alza in volo la notte per annunciare la fine di un giornata (ma anche la nascita di una nuova alba), simbolo di un’epoca che finisce ed insieme l’annuncio dell’avvento di un’altra che si trasfigura in una notizia clamorosa destinata a sconvolgere gli assetti e gli equilibri dei poteri cagliaritani, Corongiu costruisce un sistema entro cui è possibile leggere e comprendere le ragioni occulte e palesi del fallimento politico e sociale della Sardegna nata dentro i sogni e le speranze della Rinascita promessa negli anni ’60.
Quando la delicata inchiesta, di cui viene incaricato dal caporedattore del Blog per il quale lavora, sembra giungere felicemente a compimento, ad un certo punto, come un giallo dentro il giallo che avvolge l’omicidio della ragazza trovata senza vita ai bordi dell’asse mediano che conferisce a Cagliari l’emozione e il brivido di essere la Metropoli del Capo di Sotto, Dessanay rischia di essere travolto da importanti ipoteche giudiziarie morali ed economiche, dalla fine ingloriosa del suo lavoro per il quale aveva speso la sua vita. Come in tutti i momenti difficili giunge il bisogno di fare dei bilanci: finisce la carriera, finisce l’amore con la sua compagna, la rottura definitiva con la sua famiglia d’origine, il fallimento totale di una vita.
Ma la conclusione più amara cui Dessanay perviene è che il suo fallimento è il fallimento di una generazione, il fallimento di un popolo tradito dalla fiducia riposta nelle sue classi dirigenti, nei suoi uomini ritenuti migliori, il fallimento del presente che non vede, restando così le cose, un futuro.

La recensione
In questo lavoro che non esito a definire magistrale, dove tutto sembra irrimediabilmente perduto e senza appello c’è, però, una forte carica di fiducia e di speranza che lascia intravedere scenari inediti e forse inattesi da molti; che trova nell’uomo e nel potere della sua volontà, direi in senso nietzschiano l’uomo è ciò che egli si vuole, il suo principale alleato.
Si tratta di un uomo che crede in sé stesso, che non rinuncia alle ragioni veritative ed autopropulsive della sua anima più profonda. Una di queste è la lingua, intesa come cemento di costruzione nazionale e comunitario, come patto federativo tra le diverse comunità regionali, dal Nord al Sud, ciascuna con le proprie velocità e con le proprie diversità. Ci vuole un progetto, un progetto politico e tecnologico adeguato, trasparente, partecipato e costruito nel consenso, senza trucchi e senza inganni. Utopico? Crediamo nell’utopia, questo è il monito che esce dal lavoro di Corongiu
Sotto il profilo linguistico finora mancava in Sardegna il libro che, come questo, potesse testimoniare, nella letteratura creativa, uno standard ortografico che comunque ormai ha già una sua koiné, ma che soprattutto esprimesse uno standard di scrittura con un lessico adeguato, e uno stile dotato di un corredo estetico avvolgente e coinvolgente di cui la cifra proposta da Corongiu, fatta di una prosa piana e scorrevole, segnata a tratti da ritmi poetici, assume un valore paradigmatico.