di Maria Leonarda Correddu
La poesia estemporanea è un’espressione d’arte tipica delle culture a tradizione orale, regole metriche che
si adattano alle tematiche più variegate.
I dati storici ne testimoniano l’uso tra greci e romani e fino ai giorni nostri. La poesia estemporanea nasce tra pastori e contadini che meditano ed elaborano rime nei silenzi delle campagne, tra artigiani e professionisti che traggono ispirazione dagli avvenimenti quotidiani.
Il poeta estemporaneo unisce conoscenze e capacità di utilizzarle al momento opportuno, estro, capacità di
trasformare gli ascoltatori in partecipi della creazione.
Definita un’arte letteraria, un gioco linguistico, uno sport verbale, la poesia estemporanea si ridefinisce di volta in volta. La sua pratica è diffusa in tutto il mondo in differenti lingue, strutture metriche e cadenze melodiche, con o senza cori o strumenti musicali.
La poesia estemporanea in Sardegna
La Sardegna, come tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e non solo, ha una lunga tradizione di poesia orale. L’oralità poetica dei sardi si è espressa e si esprime in differenti strofe e in una variegata molteplicità di metri.
Nella specificità della gara poetica logudorese, come pure nel patrimonio parallelo di Lazio e Toscana, si è affermata da qualche secolo l’ottava in versi endecasillabi. I poeti orali cantano i loro versi accompagnati da un coro a tenore, poesia e musica insieme sono una forma d’arte di grande impatto e notevole efficacia comunicativa.
Cambiare battute in versi esiste da tempi immemorabili nel mondo mediterraneo e non solo. In tempi storici, invece, abbiamo in Sardegna la testimonianza di Giovanni Spano che nel corso dell’Ottocento mostrò come quest’arte fosse diffusa in ogni villaggio dell’isola.
Per la nostra isola la data fondamentale è quella del 1896 quando proprio un poeta orale, Antonio Cubeddu di Ozieri, ebbe la felice intuizione di trasformare l’arte della poesia estemporanea, fino ad allora praticata soltanto in ambito privato, domestico o negli ovili, in evento condiviso. Quest’idea geniale gli permise di definire via via schema e contenuti delle gare poetiche pubbliche e di far evolvere la tematica verso livelli alti, assolutamente impossibili per contesti diversi.
Oggi le gare si svolgono con la partecipazione di due o tre poeti, che si presentano al pubblico esprimendosi senza limitazione di argomento. Alla fine della parte esordiale si sorteggiano i temi scelti dall’organizzazione, in genere coppie di contrari (virtù/vizio, odio/amore, coraggio/paura, guerra/pace, ecc.), ma non sempre separati così radicalmente, soprattutto quando i contendenti sono più di due.
L’improvvisazione poetica si svolge accompagnata da un coro a tenore che si inserisce nella gara a ogni distico e, ovviamente, alla fine delle singole strofe. Tale intervallo si accorda alle note del poeta che chiude l’ottava e permette nel frattempo al concorrente di rifinire meglio la risposta. Al termine della gara, ogni poeta canta un sonetto di commiato. Fino al 1976, invece, le dispute finivano con il canto di una “moda”, creazione non del tutto improvvisata, oltre che metricamente trasformista, che, proprio per questo, Cubeddu non aveva mai accettato.
La sua esclusione dallo schema delle gare non fu senza polemiche.
I maggiori poeti estemporanei sardi
Se si volessero classificare i cantadores per gruppi generazionali la prima generazione della fine dell’Ottocento sarebbe quasi “mitica”. I nomi sono quelli importanti tramandati di bocca in bocca nei paesi dell’isola. Sono ormai consacrati nella storia come i grandi “aedi” del passato, quelli che hanno saputo costruire la fortuna della “gara” all’indomani della regolarizzazione operata nel 1896 da Antonio Cubeddu.
In questa classificazione dei talenti poetici che hanno conosciuto la storia dei palchi la seconda generazione, superando la proibizione clerico-fascista degli anni Trenta, acquista qualità e popolarità in tutta la Sardegna. Remundu Piras e Barore Tuccone sono le due figure che svettano per capacità poetica e forza personale su tutti gli altri.
Il mondo contemporaneo delle gare poetiche è ancora vitale, nonostante la difficoltà dovuta al calo d’interesse del pubblico delle piazze.
La poesia estemporanea a Villanova Monteleone
“Remundu Piras deve essere considerato un tramite essenziale nel passaggio dell’intera cultura poetica sarda dall’oralità alla scrittura, e allo stesso tempo la sua poesia non può assolutamente essere capita nella sua interezza e complessità, se non teniamo conto che in lui confluisce tutta una plurisecolare tradizione orale, ma già passata e filtrata attraverso i codici scritti, e dunque in qualche modo trasformata, sia nelle forme che nei contenuti, rispetto, naturalmente, ad un modello rigido di oralità” ( cit. Leonardo Sole), quale era anni prima della nascita sul palco (1924) di Remundu Piras.
Quello che il poeta Piras esprimeva nell’arte sublime dell’improvvisazione, difficilmente si percepisce solo con la lettura o con l’ascolto delle gare registrate, perché mancano tutti quei segni, dati dall’intonazione della voce (ad esempio alcuni versi scritti risultano smetricati ad una prima lettura, mentre nel canto filano lisci), dall’espressione del viso, dai segni che il poeta abbondantemente usava nel gesticolare con le mani, le braccia e il resto del corpo (per esempio lo immaginiamo nell’atto dell’alzarsi in piedi con la risposta già pronta, mentre ”l’avversario” di palco, ancora non aveva finito la sua ottava).
In più, aveva un grande dono, quello di riuscire, tramite le sue abilità poetiche, a essere portavoce della sua gente, portavoce delle loro vicende quotidiane, creando (come molto spesso ricorda chi assisteva alle sue gare) momenti in cui riusciva a far piangere e ridere, il tutto passando da toni seri e dotti a toni ironici e familiari anche all’interno della stessa gara.
Per questi e altri motivi Remundu Piras, come lui stesso afferma più volte, si definiva figlio della grande scuola di poesia orale di Villanova Monteleone.
Lui la considerava una scuola severa, scuola di poesia e di vita, ricca di numerosi e validi poeti e senza la quale, diceva, non sarebbe stato quel poeta conosciuto da tutti in Sardegna e fuori dell’Isola. La qualità della scuola di Villanova veniva cantata in maniera limpida ed esplicita anche da poeti di altri paesi.
Bere dell’acqua di Su Paradisu (fonte nei pressi dell’abitato di Villanova) “faghe s’òmine poeta”, e la poesia dedicata alla madre (Ispiju limpiu) è un modo per ribadire l’abbondanza di vena poetica nel suo paese natio.
Remunudu Piras
Il 21 maggio del 1978, a casa sua a Villanova Monteleone, muore il poeta Raimondo Piras, considerato da tutti il poeta, l’improvvisatore più grande e più importante della Sardegna.
Nato a Villanova Monteleone il 29 ottobre 1905, Remundu Piras, per tutti Tziu Remundu, debuttò sui palchi delle gare a Montresta per la sagra di San Cristoforo il 28 aprile del 1924, a 19 anni neppure compiuti, contro uno dei più grandi cantori di allora: Antoniandria Cucca di Ossi.
Da quel giorno il poeta villanovese iniziò una carriera luminosa sui palchi di tutta la Sardegna con gli estemporanei più illustri del 1800: oltre a Cucca, furono suoi colleghi-rivali: Antonio Cubeddu di Ozieri, Antonio Farina di Osilo, Pitanu Moretti di Tresnuraghes, Barore Testoni di Bonorva.
Ma la svolta per la crescita professionale di Remundu Piras, e più in generale della sua carriera, fu l’incontro con Barore Tucconi di Buddusò, di vent’anni più anziano di lui, emigrato in Francia e costretto a rientrare in patria per partecipare alla grande guerra. All’arrivo di Piras il pubblico individuò subito in lui e in Tucconi la coppia regina: così i due estemporanei diedero vita a dispute serrate e spesso aspre che raggiunsero il culmine nel 1928 per una gara a premio a Buddusò: la giuria diede la vittoria a Remundu Piras, Barore Tucconi se ne risentì molto e per alcuni anni i due poeti non si rivolsero più la parola, ma sui palchi delle sagre continuarono a dialogare in versi.
Con il divieto delle gare decretato nel 1932 dall’autorità di polizia su denuncia delle gerarchie ecclesiastiche, anche il poeta di Villanova, come tutti i poeti, fu costretto a tacere. Ma, mentre gli altri ripresero nel 1937, rispettando il doppio divieto dei temi politici e religiosi, Remundu Piras preferì stare lontano dai compromessi e calcò i palchi soltanto nel 1945.
Alla ripresa si rinnovarono i suoi duelli con Tucconi fino alla morte, nel 1969, del poeta di Buddusò. Piras cantò molto anche con Antonio Piredda di Thiesi, Peppe Sotgiu di Bonorva, Giovanni Seu di Chiaramonti e Mario Masala di Silanus.
Nella storia delle gare poetiche la figura di Remundu Piras ha un rilievo primario di valore assoluto: il pubblico lo amò sempre sia per la brillantezza delle sue creazioni, la strenua difesa dei temi che la profondità del sentimento che lo animava, nonostante l’impedimento della raucedine che lo afflisse negli ultimi anni.
Remundu Piras è stato anche un ottimo poeta di meditazione e di scrittura, come dimostrano le sue raccolte postume, tra le più conosciute: Mistèriu (1979), Bonas noas (1981), A bolu (1983), Sas modas (1985), tutte curate da Paolo Pillonca, che hanno avuto un’ampia diffusione in tutta l’isola. Nel 1977, pochi mesi prima di morire, scrive il sonetto “No’ sias isciau”, che divenne il manifesto di tutela della lingua sarda.
Nel 2008, in occasione dei trent’anni dalla morte del poeta, la Regione Autonoma della Sardegna ha usato alcuni versi del sonetto per celebrare “Sa die de sa Sardigna”. Ancora oggi Remundu Piras è un riferimento necessario, che non può mancare, per gli appassionati della poesia e della lingua sarda. Il suo nome vien ricordato in convegni, pubblicazioni, premi letterari e anche con l’intitolazione di vie e piazze in diversi paesi della Sardegna. Remundu Piras è un poeta che ha onorato il suo paese, Villanova Monteleone, e tutta la Sardegna.