nel territorio l'anima del vivere
Il rapporto con il territorio, nelle sue componenti materiali e spirituali, si pone nel nostro tempo come il nuovo impegno della vita quotidiana.

L'agire quotidiano

Il lavoro dei campi, le attività artigianali, i servizi (dai trasporti, alla viabilità, alla scuola, alla sanità, al recupero delle vecchie abitazioni ma, soprattutto, la ricostruzione del tessuto comunitario) si pongono come elementi inderogabili di una condizione esistenziale sempre più lacera e smarrita dinanzi ad un sovrapporsi rapido, ipertrofico direi, di eventi che sempre meno riusciamo a comprendere e a decifrare.

lavoro nei campi

La cosiddetta “democrazia digitale”, che appare sempre più incalzante, nelle sue performances organizzative e di controllo politico e sempre più pressante nelle sue richieste, il cui rischio è l’esclusione totale dei cittadini dalla partecipazione sostanziale alla vita pubblica, dalla quale già molti sono stati esclusi, rischia di stravolgere e di travolgere quei resti di umanità e di misura entro cui l’uomo occidentale, con le sue radici e le sue tradizioni culturali, era diventato cittadino del mondo quando era in grado di assumere come punto di partenza del proprio agire e come fondamento della propria coscienza e delle proprie consapevolezze il suo territorio, come luogo di vita, di esperienza e di esistenza.

La scuola e l’Università, d’altra parte, ci avevano insegnato a riconoscere i segni della nostra umanità nella spiritualità delle lettere, delle arti e delle capacità creative dell’uomo; negli accadimenti della storia, anche in quelli più drammatici che hanno arrecato dolori e sofferenze alla specie come le guerre, le carestie, le pestilenze e le epidemie. Questo anche talvolta in collaborazione, talvolta in contrasto con la Chiesa Cattolica Romana nella religione rivelata e nel messaggio di Cristo. La nostra cultura, la nostra etica, la nostra morale, il nostro senso del bello, del vero e del giusto si sono costruiti nell’intreccio e negli incroci; il riconoscimento di noi stessi e del nostro prossimo si sono formati e noi li restituiamo al mondo affinché essi non si sperdano e non si dissolvano nel nulla. Il nostro agire quotidiano li rigenera e in esso continuamente si perpetrano e si rinnovano.

Pensando alle parole dell’evangelista Giovanni siamo dinanzi al “verbo”, alla parola che si fa “carne” che diventa esperienza, pratica di vita. Ciascuno ha il suo stile, le sue affezioni, e tutte vanno sapute individuare e rispettare imparando sempre a riconoscere la pulsione originaria del bene che è in ciascun uomo. Questa pulsione perenne è la forza della nostra umanità che dobbiamo sempre e dovunque coltivare e non lasciare che essa si spenga e muoia.

 

Nel territorio vive la nostra soggettività

Il territorio è il luogo in cui la nostra azione s’invera e diventa valore, diventa storia; l’esempio e l’azione sono i veicoli attraverso i quali noi rendiamo opera, traccia che resta, di ciò che abbiamo appreso dai libri, dai nostri maestri e dai nostri educatori. Pensando ad Hegel, al “nostro” Hegel potremmo dire che nel territorio, nel luogo dove noi siamo nati, cresciuti, dove lavoriamo e coltiviamo la nostra vita quotidiana, “il mondo”, “la totalità dello spirito” vive la propria soggettività, ovvero la propria esperienza verso cui l’azione umana la indirizza.

La responsabilità dell’uomo verso le cose del mondo, se non vuole restare ampollosa rettoria, deve saper mettere i piedi sulla terra in cui si vive e sporcarsi le mani. Sono metafore, evidentemente, finalizzate a rappresentare l’impegno di un’ azione costante verso la comunicazione, attraverso la parola e la scrittura, per promuovere i valori che ogni territorio custodisce e può mettere a disposizione per il benessere di tutti. Si rende perciò necessario coltivare la lingua dei padri, valorizzare e promuovere le tracce della storia, da quella civile a quella religiosa, rendendola fruibile come patrimonio storico che educa, che è in grado di dare conto del nostro passato, della nostra storia naturale e culturale attraverso i manufatti, le vestigia e persino i ruderi che sono rimasti. Non solo come cose da mostrare ai turisti, anche questo, certo! Poiché il turismo produce reddito e incrementa i consumi delle produzioni locali di cui la Sardegna, ma ciascun territorio, dispone come frutto della laboriosità dei suoi allevatori, viticultori, artigiani delle produzione da forno.

Costruire una coscienza territoriale

La cura del territorio come coscienza, come consapevolezza e dunque come conoscenza è da coltivare soprattutto tra i più giovani, come patrimonio che, oltre all’educazione scolastica, alle attività delle associazioni culturali, delle fondazioni, delle università, deve diventare corredo e valore educativo delle famiglie. I genitori, così come insegnano e inculcano i valori fondamentali del vivere, così come si preoccupano di soddisfare le esigenze materiali nei confronti dei propri figli, è bene che creino in loro una coscienza territoriale. La loro identità, il loro carattere, la loro crescita non può essere affidata soltanto ai media, o all’istruzione scolastica. E’ vero che essi devono diventare cittadini del mondo, come si dice, ma non lo diventeranno mai se prima e contemporaneamente non si acquisisce la consapevole appartenenza dello stare in un luogo, l’orgoglio dell’appartenenza.

comunità identitaria

Un’appartenenza inclusiva, dialogante, aperta al confronto e all’alterità. Un orgoglio solidale costruttivo dove ciascun individuo dovrà sentirsi parte attiva e operosa del tessuto comunitario che ha contribuito a realizzare e a rafforzare, in un continuo processo rigenerativo. Solo così la società non muore e il bonum in interiore homine diventa communio, comunità.

spopolamento dei paesi Sardegna

Lo spopolamento dei piccoli centri non è determinato soltanto dalla mancanza di lavoro, dalla mancanza di strade e di servizi. Esso è, a mio parere, piuttosto il frutto marcio di una progressiva morte comunitaria determinata dall’individualismo chiuso in se stesso, dall’indifferenza, dal pensare continuamente che altrove si stia meglio e si possa avere successo e fortuna.

In questa convinzione opera l’ Istituto Bellieni, sia con la sua attività di studio e di continua ricerca, sia con la promozione e la valorizzazione culturale dei territori. Convegni, seminari, formazione linguistica, editoria, uso dei social, collaborazioni con centri e istituzioni regionali ed europei vanno in tale direzione.

Perciò sono ben accette le collaborazioni, le idee, le proposte che abbiano come fine un’attività migliore e sempre più diffusa.

Michele Pinna

https://www.istituto-bellieni.it/michele-pinna/

Il Professore ha fatto per il Bellieni quello che Pippo Baudo ha fatto per la televisione italiana: ha inventato tutto lui. Continua a leggere

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